SISET ONLINE n° 3/2022

SISET Online

TRATTAMENTO DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO
NEI PAZIENTI CON NEOPLASIA PRIMITIVA O SECONDARIA CEREBRALE

Angelo Porfidia ed Elena Butera

(Università Cattolica del Sacro Cuore Fondazione policlinico universitario “A.Gemelli” IRCCS)

I pazienti con tumori primitivi cerebrali maligni o con metastasi cerebrali hanno un rischio molto elevato di sviluppare un tromboembolismo venoso (TEV) che, secondo la letteratura a disposizione, può raggiungere il 30% dei casi. 1
Sebbene vi sia un’alta incidenza di TEV nel periodo successivo alla craniotomia e durante la chemioterapia, il rischio persiste per tutto il corso della malattia oncologica. I fattori predisponenti allo sviluppo di TEV in questi soggetti sono molteplici e a seconda dei casi possono includere: età ≥ 60 anni, obesità, istologia di glioblastoma, ipomobilità (dovuta alla compromissione di funzioni neurologiche, all’intervento chirurgico o alla progressione della malattia neoplastica), aumentata espressione del tissue factor (TF) o altri fattori protrombotici relati e non relati alla neoplasia, mutazione dell'isocitrato deidrogenasi di tipo 1 (IDH1), grandi dimensioni del tumore, resezione subtotale, uso di steroidi, chemioterapia, neurochirurgia recente, gruppo sanguigno A o AB.2–6
E’ stato stimato che circa il 10-15% degli eventi tromboembolici avviene nel perioperatorio, tuttavia, l’utilizzo di tromboprofilassi in questa fase ha garantito una riduzione significativa degli eventi tromboembolici. Il rapporto rischio-beneficio di diverse misure profilattiche per la prevenzione del TEV nei pazienti con tumore cerebrale sottoposti a craniotomia è stato analizzato in una meta-analisi che includeva 1263 pazienti. L'analisi dei sottogruppi ha mostrato che l’eparina non frazionata da sola riduce gli eventi rispetto al placebo e che l’associazione di eparina a basso peso molecolare e profilassi meccanica riduce il rischio di TEV rispetto alla sola profilassi meccanica. L'analisi cumulativa dei dati ha però mostrato un aumento degli eventi emorragici tra i pazienti sottoposti a profilassi farmacologica che nella maggior parte dei casi è stato causato da sanguinamento minore.7
Il trattamento e la profilassi del TEV nei pazienti con lesioni cerebrali viene gravato dal rischio di emorragia intracranica (EI) che è altrettanto significativo in questa popolazione pur in assenza di anticoagulazione.
A questo riguardo, apparentemente più complessa ancora è la stima del rischio emorragico delle metastasi cerebrali, infatti, queste hanno un grado di propensione all’emorragia spontanea e provocata da anticoagulanti variabile in base all’istotipo oncologico. Metastasi cerebrali da melanoma, coriocarcinoma, carcinoma tiroideo e carcinoma a cellule renali sembrano avere una propensione particolarmente elevata all'emorragia spontanea.8 In uno studio, il rischio di emorragia intracranica è risultato essere quattro volte più alto nei pazienti con melanoma o carcinoma renale rispetto a quelli con cancro del polmone, ed il rischio di EI non risultava influenzato dalla somministrazione di enoxaparina.
Il miglior trattamento del TEV nei pazienti con tumori cerebrali, nonostante la sua elevata incidenza, non è ben definito in quanto il rapporto tra rischio di emorragia, ed in particolare di emorragia intracranica, e il beneficio in termini di complicanze trombotiche non è chiaramente stabilito.
Alcuni studi dimostrano, come atteso, che il rischio di emorragia intracranica cresce in corso di terapia con anticoagulanti in questa popolazione di pazienti. Tuttavia i dati disponibili si riferiscono a studi retrospettivi, la cui numerosità campionaria è bassa e i cui risultati sono spesso contrastanti.
Due recenti metanalisi hanno documentato un aumento di circa 3,5 volte del rischio di emorragia intracranica relato alla terapia anticoagulante per TEV nei pazienti con glioma cerebrale e un rischio non significativamente aumentato nei pazienti con metastasi cerebrali.9 10
Entrambe queste metanalisi hanno analizzato studi in cui il trattamento anticoagulante era effettuato con eparine o antagonisti della vitamina K. Recentemente iniziano ad accumularsi dati anche sull’utilizzo degli anticoagulanti orali diretti (DOAC).
Nello studio HOKUSAI- VTE CANCER che ha incluso una piccola porzione di pazienti con tumori primitivi o secondari cerebrali non si è documentata una maggiore incidenza di emorragie maggiori né di recidive di TEV nel gruppo dei pazienti trattati con edoxaban (2/31) rispetto a quelli trattati con dalteparina (4/43). Trascurabili o assenti i dati di questa popolazione derivanti dagli studi randomizzati dei restanti DOAC.11 12 13
In uno studio retrospettivo sono stati valutati 172 pazienti con tumori cerebrali e TEV in terapia anticoagulante (42 DOAC e 131 LMWH). L’incidenza cumulativa di emorragia intracranica a 12 mesi è risultata dello 0% nel gruppo DOAC contro il 36,8% nel gruppo Enoxaparina. La mortalità a 30 giorni post-emorragia intracranica è stata del 39%.14
Leader et al. hanno analizzato l’effetto della terapia anticoagulante su 96 pazienti con metastasi cerebrali (41 trattati con DOAC e 55 trattati con EBPM). La maggior parte dei pazienti era costituita da neoplasie del polmone (56%). A 12 mesi l'incidenza cumulativa di EI maggiore e di “qualsiasi” EI nel gruppo DOAC era rispettivamente del 5,1% e del 10,1% rispetto a 11,1% e 12,9% nel gruppo EBPM. Quando l'anticoagulazione è stata analizzata come variabile tempo dipendente il rischio EI non differiva tra i pazienti trattati con DOAC e EBPM.15
Un altro studio condotto su 111 pazienti (56 pazienti trattati con EBPM, 55 con DOAC) con diagnosi di tumore cerebrale primitivo o lesione secondaria con follow-up a 6 mesi ha documentato un’incidenza cumulativa di emorragia intracranica del 4,3% nel gruppo DOAC e del 5,9% nel gruppo EBPM, ed un tasso di ricorrenza di TEV del 5,6% nel gruppo DOAC rispetto al 6,6% nel gruppo EBPM (non differenze tra i due trattamenti).16
Swartz et al. hanno valutato una popolazione di 125 pazienti con tumori cerebrali primitivi o metastatici in terapia anticoagulante. La popolazione in esame in questo studio era principalmente composta da pazienti con glioblastoma multiforme (50% dei pazienti) per quanto riguarda i tumori primitivi, e, tra i pazienti con secondarismi cerebrali, la popolazione più rappresentata era quella dei tumori primitivi polmonari (8.8%). Lo studio ha mostrato un’incidenza significativamente ridotta di sanguinamenti maggiori nel gruppo di pazienti con tumore primitivo in terapia con DOAC (rispettivamente 9,1% vs. 28%). Anche il tasso di emorragia intracranica è risultato inferiore nel gruppo DOAC (5,8%) rispetto al gruppo LWMH (16%) senza tuttavia raggiungere il livello di significatività statistica.17
Come sopra discusso, data la variabilità del rischio di sanguinamento intracranico sulla base del tipo di lesione, primitiva o secondaria, e ancora del sottotipo istologico del secondarismo cerebrale, appare molto complesso stabilire una terapia uniforme e uguale per tutti i casi.
Attualmente l’unica alternativa disponibile all’utilizzo degli anticoagulanti è il posizionamento di un filtro cavale. Tuttavia, questa opzione non permette di prevenire la recidiva di trombosi venosa profonda ed è gravata da un numero non trascurabile di complicanze peri e post-procedurali che includono tra l’altro la trombosi del filtro, la sua migrazione e la rottura della vena cava.
In uno studio retrospettivo su una popolazione di 145 pazienti con glioblastoma e TEV trattati con terapia anticoagulante, posizionamento di filtro cavale o combinazione di entrambi è stata documentata, tra i 60 soggetti trattati con il filtro, un tasso del 30% di ricorrenza di TEV. Altri 10 soggetti hanno invece sviluppato altre complicanze legate al filtro.18
Analoghi risultati sono emersi in un altro studio condotto su 42 pazienti con tumori cerebrali e TEV trattati con posizionamento del filtro cavale dei quali il 12% ha sviluppato embolia polmonare ricorrente e il 57% ha sviluppato trombosi del filtro o della vena cava, trombosi venosa ricorrente o sindrome post-trombotica.19
Olin et al. hanno analizzato una popolazione di 49 pazienti con tumore cerebrale, di cui 25 trattati con terapia anticoagulante (warfarin o EBPM) e 24 con posizionamento del filtro cavale. Lo studio ha mostrato come, pur in assenza di complicanze relate al posizionamento del filtro cavale, non sia stato documentato un minor rischio di sanguinamento intracerebrale o un miglioramento in termini di sopravvivenza globale nel gruppo trattato con filtro.20
Alla luce dei dati a disposizione le più recenti linee guida ASCO 2020 non supportano l’uso routinario del filtro cavale nel trattamento del TEV in pazienti con tumori cerebrali.21
Le linee guida evidenziano come, nonostante i pazienti affetti da tumori primitivi cerebrali o metastasi cerebrali e da TEV siano ad aumentato rischio di complicanze trombotiche ed emorragiche, la presenza di un tumore intracranico non rappresenti una controindicazione assoluta al trattamento anticoagulante.
In conclusione, il trattamento ottimale del tromboembolismo venoso nei pazienti con tumore cerebrale è ancora in corso di definizione. I tumori cerebrali primari o secondari dovrebbero essere considerati separatamente, dal momento che, differiscono sensibilmente per il rischio intrinseco di sanguinamento della massa tumorale, nonché per l’approccio alla diagnosi e al trattamento oncologico (chirurgia, radio-chemioterapia). Sono sicuramente necessari dati prospettici relativi a questa popolazione di pazienti poiché quelli attualmente disponibili sono gravati da significativi bias che includono tra l’altro disegno retrospettivo degli studi, bassa numerosità campionaria, bias di selezione nella scelta e nella dose di anticoagulante per singolo paziente.

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